Negozio On Line della BAT

venerdì 21 giugno 2013

IL PIÙ COOL DI PITTI È...

Anche l'uomo vuole la sua parte! Per questo, in occasione di Pitti 2013, siamo andati alla ricerca dei look più fashion e dei dettagli più glam. Ma chi si aggiudicherà il titolo di più cool della kermesse? A sceglierlo sarete proprio voi, votando il vostro preferito in una battle senza esclusione di colpi all'ultimo click. Che la sfida abbia inizio!


di Gianluca Senese

STREGA COMANDA COLOR... ACQUAMARINA!

Il colore dell'estate? É uno solo: l'acquamarina, quell'ibrido delizioso tra il verde e il blu, che ricorda i mari incontaminati dei tropici e che dona terribilmente alla pelle abbronzata. Puntate su accessori, abbigliamento e gioielli di questo colore se volete davvero essere le più fashion. E lasciatevi ispirare dalla selezione di oltre 50 pezzi che abbiamo scelto per voi




Il colore top dell'estate è l'acquamarina. Fidatevi di noi: è un colore davvero cool. E poi, a metà tra il blu e il verde, ci ricorda il mare e l'estate e ci mette di buon umore (oltre ad essere bellissmo sulla pella abbronzata). Lo troverete ovunque: su vestiti, accessori, gioielli, borse e scarpe.

Non siete ancora convinte? Date un'occhiata alla gallery di capi ed accessori che abbiamo scelto per voi: dagli shorts a vita alta di Stradivarius ai leggings J Brand Denim, dalla borsa a tracolla di Burberry in pelle metallizzata alla clutch XXL di Balenciaga fino alle decolleteés Ellipsis di Gianvito Rossi. Troverete sicuramente qualcosa che fa al caso vostro.


di Margherita Calabi 

Fonte Style

mercoledì 19 giugno 2013

Gelo di Mel(l)one

Il caldo alle porte fa venir voglia di...fresco! Una bella ricettina veloce veloce da fare per combattere la calura è il Gelo di Melone o di Mellone, per dirla in dialetto siciliano, riferendosi all'anguria. Si tratta infatti di una specialità da frigo tipica della Sicilia, che si prepara davvero in pochissimo tempo.


Ecco cosa occorre per realizzare questo gustosissimo dessert.

Ingredienti

Anguria, 1 litro
Amido di mais, 100 gr.
Zucchero di canna (integrale grezzo), 300 gr. (se l'anguria è troppo dolce anche 250 gr).
Cannella
Cioccolato fondente o granella di pistacchio
Gelsomino per guarnire

Preparazione

Frullare l'anguria fino ad ottenere un composto fine ed omogeno, privo di grumi. Per ottenere un litro di anguria, procedete come segue. Tagliate una fetta di anguria e privatela della scorza dura e dei semi. Frullatela e misuratela fino a raggiungere il litro.
Consiglio. Il peso della fetta non può essere stabilito prima perché varia in base alla consistenza dell'anguria, per cui è meglio procedere in questo modo, tagliando delle sottili fette da frullare fino a raggiungere il peso desiderato. Potete utilizzare il mixer o il frullatore.
Aggiungete poi lo zucchero e mescolate. Una volta che lo zucchero si è sciolto, unite l'amido e infine la cannella e il cioccolato fondente a scagliette. Mescolare il tutto. 
Fate le porzioni utilizzando dei piccoli contenitori o delle ciotoline, da riempire poco sotto il bordo. Rispolveratele con cioccolato in polvere (o granella di pistacchio) e cannella e guarnitele con qualche gelsomino.
Mettere in frigo per almeno due ore prima di consumare il Gelo.
Francesca Mancuso
Fonte Green Me

Una società dei consumi a “obsolescenza programmata”

Un film, «La cospirazione della lampadina», svela i trucchi con cui i produttori di beni consumo riducono la vita operativa di molti prodotti.
Ci sono un migliaio di persone nel 2001 a Livermore, California, per festeggiare un insolito compleanno. La lampadina della locale stazione dei vigili del fuoco compie un secolo d’ininterrotto servizio e l’evento viene celebrato con tanto di torta, banda e canzoncina d’auguri. Con questo episodio apre “La cospirazione della lampadina”, film franco-spagnolo diretto dalla tedesca Cosima Dannoritzer. Una produzione europea del 2010, ancora attuale nel dibattito sull’individuazione dei possibili percorsi per uscire dalla crisi economica che affligge il continente.
Attraverso la lampadina è descritto come la società moderna si sia sviluppata in modo non sostenibile.
Il tutto ha inizio nel 1924, quando il cartello mondiale dei produttori di lampadine, Phoebus, decide di ridurre la durata della vita dei bulbi a incandescenza da 2.500 a 1.000 ore. Il primo esempio di obsolescenza programmata garantisce ai produttori un evidente beneficio economico, grazie alle vendite che in breve tempo raddoppiano, a cui si contrappone però un maggiore impatto ambientale per la duplicazione dell’uso delle risorse naturali e della quantità di rifiuti prodotti.
Sono gli anni in cui la produzione di massa inizia a immettere nel mercato grandi quantità di prodotti che i cittadini, embrione dell’attuale società dei consumi, iniziano ad acquistare più per piacere che per reale bisogno. Nel 1928 un articolo su una rivista per pubblicitari interpreta i prodotti di qualità che non si logorano come una tragedia per il business, perché non in grado di garantire la continuità delle vendite. L’inquietante allarme trova in breve conferma, nella realtà e nella finzione. Sono gli anni ’40 e la Dupont inventa una fibra resistentissima, il nylon, materiale di base per collant che si dimostrano però essere troppo robusti, tanto da costringere il colosso chimico ad assegnare a un gruppo di ingegneri il compito di trovare come ridurne la resistenza e quindi la vita utile. Nel ’51 il film Lo scandalo del vestito bianco, narra la storia dell’inventore di una fibra irresistibile, troppo simile alla vicenda del nylon per apparire casuale, costretto a rinunciare alla propria rivoluzionaria scoperta di fronte alle minacce dei produttori e dei lavoratori dell’industria tessile.
La logica dell’obsolescenza programmata era già argomento di grande discussione nel ‘29, quando Brendon London negli USA proponeva di renderla obbligatoria per legge, con l’intento di alimentare la ripresa dell’economia attraverso questo meccanismo di forzato sostegno dei consumi. La proposta non ebbe successo, ma si gettavano intanto le basi per introdurre un sistema indiretto e più raffinato per rendere obsolescenti i prodotti, agendo sui bisogni del consumatore. Il designer Brooks Stevens, negli anni ’50, propagandava la propria strategia basata su un consumatore interessato a possedere “un oggetto più nuovo e prima di quanto fosse realmente necessario” e di fatto i volubili desideri dei consumatori iniziano a diventare il meccanismo più semplice per rendere obsolescenti i beni. Quando l’Europa cercava di distinguersi con prodotti caratterizzati da resistenza e durata, Brooks pensava a realizzare beni sempre più attraenti in grado di favorire la sostituzione di quelli acquistati in precedenza. L’opposto di quanto sarebbe accaduto nella Germania dell’est qualche decina d’anni più tardi, dove i frigoriferi dovevano garantire per legge una durata di 25 anni. Ma le lampade a lunga durata prodotte dalla Narva di Berlino o l’industrializzazione di modelli innovativi che promettono una vita utile perfino di 100.000 ore continuavano a non trovare spazio nel mercato occidentale.
Anzi la logica dell’usa e getta diventa sempre più pervasiva, come dimostra l’esperienza di Marcos, un giovane di Barcellona la cui stampante ha smesso di punto in bianco di funzionare, con la sola spiegazione di un generico messaggio “rivolgersi all’assistenza”. Ma quando il ragazzo catalano si rivolge ai centri di assistenza la risposta che riceve è la medesima “costa troppo ripararla, le conviene comprarne una nuova”. La maggior parte di noi davanti a una simile prospettiva si arrende all’evidenza e opta per acquistare una nuova stampante, ma Marcos vive la vicenda come una sfida personale. Inizia così a cercare in internet chi ha vissuto esperienze simili e a frequentare forum specialistici sull’argomento. Alla fine scopre cha la stampante ha un contatore di copie, teoricamente introdotto dal produttore per garantire la massima qualità di stampa fino all’ultima copia, che a quota 18.000 stampe blocca la macchina, rendendola di fatto inservibile. La soluzione arriva alla fine da un ragazzo russo, che trasferisce a Marcos un software libero, in grado di azzerare il contatore delle pagine. E la stampante riprende a funzionare come se nulla fosse.
Ridurre la vita utile dei beni ha alimentato il mercato prima della crisi. È però evidente che, in un mondo in cui le risorse naturali sono un indiscusso fattore limitante e la popolazione mondiale è destinata a raggiungere i 10 miliardi, pensare di uscire dalla crisi solo incrementando i consumi è miope oltre che non sostenibile. La messa in discussione degli attuali modelli di sviluppo, può partire dalla storia della lampadina. Nel frattempo, un pronipote del Philips, allora parte del cartello Phoebus, promuove la sostenibilità e ne lancia una a LED che dura 25 anni.
Daniele Pernigotti

martedì 18 giugno 2013

Prodotti contraffatti, cosa mangiamo davvero?

Abbiamo i prodotti alimentari migliori al mondo in Italia, ma possiamo stare tranquilli riguardo a ciò che c'è nel nostro piatto? E all'estero, il cibo italiano è davvero italiano?
Mozzarelle di bufala prodotte con latte scadente, olio d'oliva prodotto con olive non italiane e deodorato, pesce conservato con metodi non sicuri, vino e altri prodotti di dubbia provenienza importati e marchiati come Doc italiano... alterazioni e contraffazioni talvolta on prive di fantasia... sostanzialmente truffe e pericoli per la nostra salute, cosa fare?

Nello scorso anno sono stati sequestrati 24 milioni di chili di prodotti alimentari alterati o contraffatti, in particolare prodotti tipicamente italiani e conosciuti nel mondo per l'alta qualità delle nostre produzioni. Ogni anno, Legambiente e il Movimento difesa del cittadino redigono un rapporto sulla sicurezza alimentare chiamato “Italia a tavola”, in cui analizzano tutti i problemi legati alla contraffazione e all'alterazione di prodotti alimentari che le forze dell'ordine hanno rilevato nell'ambito di programmi di indagine nell'anno precedente . Una varietà sempre più grande di prodotti vengono controllati e sequestrati da opera di Agenzie di Dogana, Capitanerie di porto e nuclei vari ci Carabinieri, Polizia, Forestali e così via. Di anno in anno, si amplia la gamma delle alterazioni illegali o delle contraffazioni di una varietà sempre più ampia di prodotti. E la fantasia non manca...

Italia al top per prodotti imitati
Come gli anni precedenti, l'Italia si conferma la prima Nazione europea per segnalazioni di contraffazioni e alterazioni alla Commissione Europea, il 14.8 % sul totale, seguita dal Regno Unito e Germania. Questo non significa necessariamente che da noi le frodi alimentari siano più frequenti, su questo numero influisce soprattutto l'abbondanza dei prodotti di qualità che vengono dall'Italia. Oltre 1000 sono infatti i prodotti italiani iscritti nei registri DOP (denominazione di origine protetta), STG (specialità tradizionale garantita) e IGP (indicazione geografica protetta) in Europa, e il fatturato al consumo delle denominazioni di origine italiana si aggira sui 10 miliardi di euro. E' compito dell'Agenzia delle Dogane controllare in tempo reale le merci sulla base dei documenti e delle certificazioni presentate ed analizzando i vari elementi (provenienza e qualità della merce, tipo di operatore che la gestisce e suoi eventuali precedenti).



Esistono quattro tipi di controllo su altrettante possibili contraffazioni:
- prodotti ordinari certificati come biologici
- prodotti contraffatti con falsi marchi di qualità garantita
- assenza di tracciabilità
- condizioni igieniche o di conservazione dubbie
Bisogna anche distinguere tra l'agropirateria, cioè la contraffazione vera e propria, illecito perseguibile penalmente, e l'italian sounding che è un gran bel business che si muove tra le maglie della legge. All'estero impazza l'italian sounding: nomi storpiati, difficilmente riconoscibili per un non italiano poco attento, come “buffala mozzarella” o simili, che nascondono un prodotto ben diverso dall'originale per qualità, provenienza e spesso prezzo. Sia per le mozzarelle che per gli altri prodotti, tutto ciò può costituire un potenziale rischio per la salute dei consumatori o, in ogni caso, una truffa a danno della qualità, così come un danno per i produttori in regola e sicuramente per l'immagine dell'Italia all'estero. L'Italian sounding negli Usa va forte e tre prodotti su quattro vengono spacciati per italiani, ma sono solo imitazioni!

Ad essere colpiti, insieme al prosciutto di Parma, sono i prodotti più rappresentativi dell'identità alimentare: dal Parma salami del Messico al Parmesao del Brasile fino al Parmesan diffuso praticamente in tutto il mondo, che in Brasile è Parmesao, in Argentina il Regianito, nel Sudamerica, in generale, il Parmesano, in Cina, il Parmeson... E poi i pomodori San Marzano coltivati in Usa, lo Spicy Thai Pesto statunitense, l'olio Romulo con tanto di lupa venduto in Spagna, il Chianti prodotto in California, ma anche una curiosa mortadela siciliana dal Brasile, un salami calabrese prodotto in Canada, un barbera bianco rumeno e il provolone del Wisconsin. Ma non mancano le penne Napolita prodotte nel Lancashire, i fusilli Di Peppino confezionati in Austria, e poi il Brunetto, Napoli Tomato, il Caffè Mario... Vediamo uno ad uno i problemi che possono presentare i prodotti dell'eccellenza enogastronomica italiana.


“Non esiste vita che Gesù non possa incontrare e cambiare ! Si, è davvero così.”

Di madre Italo-spagnola e padre Libano-francese, Federico Martin Kadì nasce a Buenos Aires in Argentina. Lascia il suo paese per dedicarsi al rugby professionista all’età di 18 anni.
Viaggia in diverse nazioni come Nuova Zelanda , Spagna, Francia, Italia e Svizzera dove a 24 anni ha un incontro con Gesù Cristo che trasforma la Sua vita.





Dopo 3 anni di seminari in Messico e 1 negli Stati Uniti viene ordinato in Sydney Australia come Ministro del Vangelo, dopo di che arriva in Italia e nel 2000 fonda ufficialmente una comunità a Pavia.
Attualmente vive in Sardegna con sua moglie e le sue bambine dove si trasferisce per fondare un centro di formazione e una Casa Famiglia.
Nella sua ultima fatica “La Conoscenza”  - “ Il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza” Osea 4:6.
Il nostro scrittore ci conduce in un viaggio dentro di noi , per aprirci definitivamente alla fede cristiana.
In questo libro si parla di ragione, di fede e di conoscenza. Trattando temi molto profondi con la leggerezza tipica di chi è pieno di fede ma anche di conoscenza e da quella conoscenza sgorga come un fiume in piena la Parola.
L’uomo modermo troppo preso dalle fatiche quotidiane , di solito è poco incline alla preghiera e alla meditazione . Tutto questo lo porta lontano dalla fede, ma soprattutto lo fa sentire schiavo della propria esistenza misera e vuota rendendolo di fatto schiavo del peccato.
Il Pastore Kadì parla direttamente al cuore con un linguaggio semplice e lineare cercando nella logica e nella fede delle risposte che l’uomo cerca nel razionale oppure affidandosi all’irrazionale senza scrutare deltro se stessi, dove è possibile far risiedere lo spirito di Dio ed edificare il suo tempio.
Nei giorni 21 – 22 – 23 Giugno 2013 sarà possibile ascoltare ed incontrare di persona il signor Kadì, nell’evento organizzato dalla congregazione locale di Trinitapoli chiamato simbolicamente “Il Risveglio”.
Come dice il libro citando la prima lettera ai Corinzi 3:7 “Quindi colui che pianta e colui che annaffia non sono nulla : è Dio che fa crescere ! “

Il Ministro Kadì ci spiega : “Ora possiamo capire perché il diavolo cerca ad ogni costo di rubare la Parola dal tuo cuore ! Nella Parola, ascoltata e compresa, è presente la stessa natura di Dio; quella natura viene riversata dentro di te, nell’attesa che tu, riempendoti dello Spirito Santo, e irrigando così il tuo cuore, produca in te la Sua vita.”

lunedì 17 giugno 2013

NUOVI LAVORI/ Artigianato 2.0, il successo nasce tra design e tecnologia

Le regole del buon mercato stanno diventando anche le regole dell’artigianato, mettendo a fuoco un nuova figura, tutt’altro che scontata: il tecnoartigiano, capace - nel 21esimo secolo - di combinare materiali e componenti prodotti a scala globale adattandoli alle esigenze della clientela e in grado di tenere insieme il sapere tradizionale con il dominio della rete.



Stefano Micelli, con il suo libro “Futuro artigiano” apre le porte di uno scenario, un futuro ormai prossimo, e sono in molti a esserne convinti, in cui le logiche della produzione industriale assomiglieranno sempre di più a quelle dell’universo digitale. Non tanto perché i prodotti con cui conviviamo ogni giorno saranno sempre più sofisticati, quanto piuttosto perché i principi che definiscono la divisione del lavoro nel mondo della rete, soprattutto nel dominio dell’open source, sono quelli che si imporranno nel mondo industriale tradizionale.
Un artigiano di nuova generazione dunque si affaccia all’orizzonte. Capace di combinare materiali e componenti prodotti a scala globale adattandoli alle esigenze della clientela e globale, in grado di tenere insieme, saper fare tradizionale e dominio della rete. Se n’è discusso a Roma nell’incontro “Il nuovo artigianato tra il design e il digitale”, organizzato da Fondazione Romaeuropa con la collaborazione del CATTID “Sapienza” Università di Roma e UnaCittà. A partire dal libro di Stefano Micelli, l’incontro ha cercato di definire i difficili contorni e  le caratteristiche peculiari dell’artigiano contemporaneo, motore di nuovi percorsi di crescita a livello globale, con una serie di interventi moderati da Monica Scanu, architetto che si occupa di experience design e architettura.
Si parte da un articolo pubblicato recentemente sulla versione americana di Wired, “Nella nuova rivoluzione industriale – recita– gli atomi sono i nuovi bits” e dall’analisi del modello americano, dove un nuovo artigianato è già realtà, esemplificato dalla Local Motors. Un nuovo paradigma per la progettazione automobilistica che anziché sviluppare un’auto per le masse che potrebbe essere commercializzata in tutto il mondo, è al servizio delle esigenze di un mercato locale particolare e dipende da una community online di progettisti per trovare soluzioni innovative. “L’artigianato americano non punta dunque solo sull’estetica – prodegue Micelli- è digitale, tecnologica, mentre gli italiani sono ancora schiacciati dal fardello della tradizione, dell’arretratezza, degli stereotipi.
La nostra è una modernità incompiuta.” Esempio eccellente di nuovo artigianato in Italia è Vyrus, “l’Hermes delle due ruote”, un’azienda che costruisce e commercializza motociclette sportive di altissimo contenuto tecnologico. È una realtà di natura artigianale di Rimini in cui la produzione consiste in una serie assolutamente limitata di motociclette che vengono “cucite” su misura per ogni singolo cliente. Ognuno dei possessori di Vyrus, tra cui Tom Cruise,  possiede un oggetto unico, un vero pezzo da collezione creato su specifiche indicazioni del proprietario e secondo le caratteristiche fisiche, altezza, peso e doti di guida.

Una personalizzazione totale, che comprende anche il nome di battesimo della propria motocicletta e la colorazione, studiata e adattata di volta in volta. A fare da mediatrice tra le istanze dei designer e quelle degli artigiani, nel suo caso specifico sardi, è Annalisa Cocco, designer e docente IED a Cagliari, che tira in ballo l’artigianato artistico e la questione centrale del pezzo unico. “Gli artigiani devono superare delle barriere, i designers devono integrarsi nel territorio, nelle varie realtà locali. È necessario non più solo un atteggiamento estetico, ma anche etico.” “L’artigianato deve rinnovarsi, rischia di diventare una riserva indiana, uno specchietto per le allodole per i turisti, mentre invece sono molte le possibilità.”