Le regole del buon mercato stanno diventando anche le
regole dell’artigianato, mettendo a fuoco un nuova figura, tutt’altro che
scontata: il tecnoartigiano, capace - nel 21esimo secolo - di
combinare materiali e componenti prodotti a scala globale adattandoli alle
esigenze della clientela e in grado di tenere insieme il sapere
tradizionale con il dominio della rete.
Stefano Micelli, con il suo libro “Futuro
artigiano” apre le porte di uno scenario, un futuro ormai prossimo, e
sono in molti a esserne convinti, in cui le logiche della produzione
industriale assomiglieranno sempre di più a quelle dell’universo digitale. Non
tanto perché i prodotti con cui conviviamo ogni giorno saranno sempre più
sofisticati, quanto piuttosto perché i principi che definiscono la divisione
del lavoro nel mondo della rete, soprattutto nel dominio dell’open source, sono
quelli che si imporranno nel mondo industriale tradizionale.
Un artigiano di nuova generazione dunque si
affaccia all’orizzonte. Capace di combinare materiali e componenti
prodotti a scala globale adattandoli alle esigenze della clientela e globale,
in grado di tenere insieme, saper fare tradizionale e dominio della rete. Se
n’è discusso a Roma nell’incontro “Il nuovo artigianato tra il design e
il digitale”, organizzato da Fondazione Romaeuropa con la
collaborazione del CATTID “Sapienza” Università di Roma e UnaCittà.
A partire dal libro di Stefano Micelli, l’incontro ha cercato di
definire i difficili contorni e le caratteristiche peculiari
dell’artigiano contemporaneo, motore di nuovi percorsi di crescita a livello
globale, con una serie di interventi moderati da Monica Scanu,
architetto che si occupa di experience design e architettura.
Si parte da un articolo pubblicato recentemente sulla
versione americana di Wired, “Nella nuova rivoluzione industriale –
recita– gli atomi sono i nuovi bits” e dall’analisi del modello americano, dove
un nuovo artigianato è già realtà, esemplificato dalla Local Motors. Un nuovo
paradigma per la progettazione automobilistica che anziché sviluppare un’auto
per le masse che potrebbe essere commercializzata in tutto il mondo, è al
servizio delle esigenze di un mercato locale particolare e dipende da una community
online di progettisti per trovare soluzioni innovative. “L’artigianato
americano non punta dunque solo sull’estetica – prodegue Micelli- è digitale,
tecnologica, mentre gli italiani sono ancora schiacciati dal fardello della
tradizione, dell’arretratezza, degli stereotipi.
La nostra è una modernità incompiuta.” Esempio eccellente di
nuovo artigianato in Italia è Vyrus, “l’Hermes delle due ruote”,
un’azienda che costruisce e commercializza motociclette sportive di altissimo
contenuto tecnologico. È una realtà di natura artigianale di Rimini in cui la
produzione consiste in una serie assolutamente limitata di motociclette che
vengono “cucite” su misura per ogni singolo cliente. Ognuno dei possessori di
Vyrus, tra cui Tom Cruise, possiede un oggetto unico, un vero pezzo da
collezione creato su specifiche indicazioni del proprietario e secondo le
caratteristiche fisiche, altezza, peso e doti di guida.
Una personalizzazione totale, che comprende anche il nome di
battesimo della propria motocicletta e la colorazione, studiata e adattata di
volta in volta. A fare da mediatrice tra le istanze dei designer e quelle degli
artigiani, nel suo caso specifico sardi, è Annalisa Cocco, designer e
docente IED a Cagliari, che tira in ballo l’artigianato artistico e la
questione centrale del pezzo unico. “Gli artigiani devono superare delle
barriere, i designers devono integrarsi nel territorio, nelle varie realtà
locali. È necessario non più solo un atteggiamento estetico, ma anche etico.”
“L’artigianato deve rinnovarsi, rischia di diventare una riserva indiana, uno
specchietto per le allodole per i turisti, mentre invece sono molte le
possibilità.”
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