Negozio On Line della BAT

mercoledì 12 giugno 2013

La movida cambia la visione della città.

Con l'avvento - finalmente - di ciò che chiamano il bel tempo, arriva anche un fenomeno umano: la movida. 


Con l'avvento - finalmente - di ciò che chiamano il bel tempo, arriva anche un fenomeno umano:
 La visione urbanistica della gentile signora si chiama giornalisticamente movida, e riunisce in sé una serie di caratteristiche. I giovani si vogliono divertire, e i vecchi sono antipatici e odiano la felicità, che così le parti sono chiare.
Ora, non so se sia esattamente così, visto il gran numero di giovani che sono precari, e il gran numero di movidari che sono dotati di Suv, nonché di oziosi manager dai capelli tinti che vedi in giro alle tre di notte con seguito di giovani ragazze italiane o straniere.
Comunque non sono "i giovani" a decidere cosa voglia dire divertirsi: esiste un rigoroso schema pronto per i divertendi. Divertirsi vuol dire prendere un veicolo molto grosso e andare nel centro storico delle nostre  città della BAT, all'ora più tarda possibile (nessuno trova divertente, che so, le sette di sera, che pure sarebbe un'ora meravigliosa), e mettersi a consumare i prodotti di alcune specifiche imprese.
La massa di divertendi viene idrovorata in alcuni locali che hanno una struttura che imitano per quanto possibile il concetto di locale totalmente automatizzato. Si tratta di locali spesso molto piccoli, nati come botteghe di artigiani o negozi, i cui proprietari sono stati cacciati dagli affitti troppo alti. I locali di questo tipo aprono solo in un orario in cui tutti gli esercizi del posto sono chiusi, e quindi non hanno alcun rapporto con il quartiere, ed è quindi una sciocchezza dire che "portano vita" nel quartiere.
Spazio minimo, massimo numero di consumatori. Non sarà divertente, ma è l'equazione base della razionalità capitalistica. Questo significa innanzitutto che i locali devono essere aperti il massimo delle ore possibili, idealmente fino all'alba. Con la musica ad altissimo volume: in Inghilterra, i locali hanno versato la bellezza di 65 milioni di sterline l'anno scorso all'equivalente locale della Siae, e l'hanno fatto pensando a un ritorno economico ben preciso. Si tratta di un'estensione della musica di sottofondo che si adopera nei supermercati per controllare i corpi dei clienti, ma con alcune aggiunte.
Tutti i locali di questo genere temono un potenziale sabotatore, rappresentato dal concetto dei vecchietti che giocano a carte tutta la sera, occupando un tavolo e chiacchierando, mentre centellinano una birra a testa. Questo deve essere reso impossibile, grazie alla musica al massimo volume, che impedisce ogni comunicazione tra gli avventori. Impedire la comunicazione tra i clienti stessi ovviamente riduce la comunicazione a quella tra venditore e consumatore.
Allo stesso tempo, il ritmo up tempo di tale musica, come dicono in parainglese, accelera tutti i gesti, in particolare quelli di consumo - un consumo che oggi tende sempre di più a essere di superalcolici, cioè di prodotti che, al di là di ogni altro giudizio, rendono molto e occupano poco spazio nel locale. La musica ad altissimo volume ha però anche una funzione attrattiva, per cui deve potersi sentire anche all'esterno dei locali.
Ogni imprenditore ha per definizione un dovere fondamentale: deviare i profitti verso se stesso, o verso i propri investitori; e i costi verso l'esterno. Ecco che il massimo di profitto si ottiene somministrando bevande che vengono consumate all'esterno dei locali: la gente si gode prodotti e suoni che provengono dall'interno del locale, ma non occupa il poco spazio fisico disponibile all'interno. Si scarica prima nei cosiddetti dehors, e poi sulla pubblica strada, portandosi dietro i bicchierini di plastica. Decine di migliaia di divertendi entrano in questo modo, notte dopo notte, in quartieri abitati da poche migliaia di persone, assieme a una musica assordante.
Il problema non è soltanto il diritto di dormire - cosa che comporta l'accusa di "essere vecchi che non si sanno divertire" - ma il diritto di fare qualunque altra cosa in casa propria. Anche leggersi un libro in santa pace, o magari sussurrare parole tenere a qualcuno. I centri storici, poi, sono nati pensando a pedoni e occasionali cavalli, e lo spazio disponibile per il parcheggio basta appena ai residenti. Con la movida, i residenti devono parcheggiare altrove, per far posto ai Suv degli innumerevoli avventori. E questo obbliga a una serie di scelte: non spostarsi dal quartiere la sera, oppure lasciare la macchina in sosta a qualche chilometro di distanza e venire a casa a piedi. E' normale che in queste circostanze, un gran numero di abitanti decida di andarsene dal quartiere. In periferia, ci sono strade deserte la notte, dove puoi parcheggiare, palazzi con ascensori, insomma quartieri dormitorio, dove i ricchi vanno a vivere vicino ai ricchi, i poveri (e gli stranieri) vicino ai poveri (e agli stranieri). E alla fine avremo un centro storico, meraviglioso esterno tutto pulito e vuoto, percorso di giorno da turisti e bancari e di notte da movidari, con un interno fatto di appartamenti sfitti che cadono a pezzi. E tutt'attorno, i ghetti con la puzza sotto il naso dei "bianchi" e i ghetti disastrati dei "neri" (di ogni colore) sempre più risentiti.

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